Facciamo un rapido riassunto delle vicende successe alla fine dello scorso anno a Web356 editore della testata Direttanews.it e del blog iNews24.it, che abbiamo trattato nell’articolo “BuzzFeed vs DirettaNews: censura e controllo del web”:
- Il 21 novembre BuzzFeed, giornale on line internazionale “molto liberal” famoso per le presunte golden shower di Donald Trump, lancia l’articolo “One Of The Biggest Alternative Media Networks In Italy Is Spreading Anti-Immigrant News And Misinformation On Facebook”, che accusa Web365 di possedere “170 siti di informazione” (invece sono 170 url), di pubblicare contenuti nazionalisti, razzisti e contro i migranti, e di fare disinformazione con pezzi clickbait. Ribadiamo che nessuna fake news è stata contestata a Direttanews e iNews24 ma solo l’utilizzo di titoli sensazionalistici per aumentare le visite sui siti (ormai una consuetudine anche dei quotidiani mainstream media).
- Dopo solo un’ora dalla pubblicazione dell’articolo di BuzzFeed, le pagine Facebook di Direttanews e iNews24 vengono chiuse senza appello e senza precedente comunicazione del social network agli amministratori (ricordiamo che Web365 era “cliente” di Facebook avendo pianificato centinaia di migliaia di euro in pubblicità negli anni precedenti).!
- Qualche giorno dopo, il 24 novembre, il New York Times rilancia la notizia anche se con toni differenti pubblicando l’articolo “Italy, Bracing for Electoral Season of Fake News, Demands Facebook’s Help”.
- Sempre il 24 novembre, Matteo Renzi dalla Leopolda parla di fake news (ricordiamo l’impegno del governo uscente a proposito delle bufale “made in Russia”) citando proprio Direttanews a proposito di un articolo del 21 gennaio 2017: solo una coincidenza?
- Il 29 novembre è lo stesso “sbufalatore” Paolo Attivissimo, consulente di Laura Boldrini, che rilancia dal suo blog le accuse a Web365, dimostrando un certo sconcerto anche per la vicinanza dei soci dell'azienda ad un’associazione religiosa (forse perché non rientra in quelle approvate dal Governo? Vedesi “associazioni religiose e migranti in Italia”).
- Seguono tutti i mainstream media che riprendono l’inchiesta di BuzzFeed come se fosse la Bibbia del giornalismo moderno, senza nessun tipo di fact checking.
Una curiosità che ci fa sapere la famiglia Web365: hanno depositato una querela per diffamazione relativa all’articolo de La Repubblica di De Benedetti (senza paradossalmente nessuna replica del direttore della testata, come consuetudine prima di arrivare davanti al giudice), e lo stesso hanno fatto con gli autori dell’articolo di BuzzFeed. !
Quindi una serie di curiose coincidenze e concatenazioni che hanno portato ad una vera censura di Direttanews e iNews24: dopo la chiusura delle pagine Facebook, i siti hanno subito una pesante diminuzione della visite.
Questo cosa significa per una società a gestione familiare che vive di pubblicità sui siti, senza nessun appoggio politico e istituzionale, e soprattutto senza “forza” editoriale alle spalle come ad esempio GEDI (ex gruppo L’Espresso di De Benedetti)? Significa mettere seriamente a rischio la continuazione del progetto imprenditoriale con la reale possibilità di licenziamento (o di fine collaborazione) dei dipendenti della società.
Ma veniamo alle novità: Direttanews è stata bloccata su Google Notizie, dopo anni di impegno per la corretta indicizzazione dei loro articoli sulla piattaforma di ricerca.
Come si vede dall'immagine, ma potete verificarlo semplicemente voi stessi, gli articoli si fermano al 27 novembre 2017. Questo cosa significa in soldoni? Google News ha bloccato il sito della testata di Web365 nella ricerca “Notizie”: se voi cercate un articolo che parli di un dato argomento, Google non vi farà più visualizzare quello pubblicato su Direttanews.
Nulla sono valse le ripetute richieste di Web365 per il riaccreditamento su Google News: è bastato quindi un articolo di BuzzFeed a motivare il blocco dei siti di Web365 sulla piattaforma più utilizzata del mondo? Chi è il responsabile che ha fatto pressioni sul colosso di Mountain View? Chi decide chi può fare informazione nel nostro Paese?
Questa è la prima volta in Italia (in epoca moderna) che vengono presi simili misure di censura contro una testata giornalistica (e per giunta senza nessun esposto o richiamo dell’Albo dei Giornalisti).
Se il nostro Paese è nuovo ad una simile forma di censura, gli Stati Uniti no: dopo l’elezione di Donald Trump, molti media e siti di controinformazione oppositori dei mainstream media ne sono stati vittima in nome della “lotta alle fake news”, tra questi Infowars di Alex Jones e lo youtuber Paul Joseph Watson. Lo stesso scrive nel novembre scorso: “Le fake news sono un'arma usata dalla sinistra per spingere la censura su qualsiasi cosa che metta in discussione i loro dogma o sminuisca le loro argomentazioni, e la Silicon Valley (dove hanno sede i principali social network e piattaforme di ricerca) ha dato la sua piena disponibilità ai democratici per garantire questo risultato”[1].
Infowars ha pubblicato, nell’ottobre scorso, un video che, grazie a diverse testimonianze registrate, svela le politiche di censura di Google dei siti non allineati e che vi consigliamo di ascoltare: Caught on tape: google works to censor infowars - Censorship of alternative media is out in the open).
Le accuse di censura stanno dilagando anche in Europa, e si parla anche di leggi nazionali che, con la scusa di arginare la proliferazione di fake news, sono state emanate forse per limitare la libertà di opinione e stampa: è notizia di pochi giorni fa che a Beatrix von Storch, leader di AfD (partito tedesco di destra, uscito tra i vincitori alle passate elezioni in Germania) hanno bloccato gli account Facebook e Twitter per violazione delle regole sull’hate speech a causa di questo post: “Che diavolo sta succedendo in questo paese? Perché un sito ufficiale di polizia posta in arabo? Pensi che così si possano placare le barbare orde di uomini musulmani che violentano?" che si riferisce agli episodi successi a Colonia un anno prima[2].
Sulla scia della Germania, anche il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato che introdurrà una nuova legge allo scopo di ostacolare la diffusione sul web di notizie false durante i periodi di campagna elettorale, che dovrà essere approvata “per proteggere la democrazia”.
Macron ha dichiarato che saranno riservati più poteri al Consiglio Superiore dell’Audiovisivo (CSA), l’autorità francese che si occupa di garantire la libertà di comunicazione per tv e radio. Il CSA avrà quindi più strumenti per contrastare “ogni tentativo dei media controllati o influenzati da stati stranieri di destabilizzare il sistema audiovisivo francese”[3].
A tal proposito, ricordiamo che Macron, durante le scorse elezioni politiche, accusò Marine Le Pen e il governo russo di una vera campagna di produzione di fake news per favorire l’elezione della leader del Front National.
Ricordiamo che anche in Italia è partita la battaglia contro le fake news delle istituzioni:
- Laura Boldrini ha assoldato un plotone di consulenti, specializzati, a detta loro, in debunking: Paolo Attivissimo (Il Disinformatico) che ha scritto anche il decalogo anti-bufale dell'ex Presidente della Camera, Michelangelo Coltelli (Bufale un tanto al chilo), David Puente e Walter Quattrociocchi del CSSLab dell'IMT di Lucca[4].
- Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha nominato 51 tra organizzazioni e associazioni (molte delle quali finanziate da Soros) per “sorvegliare” la rete e arginare il fenomeno degli “odiatori” sui social network (da La Verità del 26/08/2017). Quindi il Ministro ha eletto come vigilanti dei “normali privati cittadini”, e non si capisce ancora su quali basi siano stati scelti.
La guerra alle presunte fake news e alla presunta disinformazione è stata affrontata anche dall’Unione Europea, con il finanziamento a diverse organizzazioni che sono nate negli ultimi anni; tra queste, EU vs Disinformation campaign che redige Disinformation Review, lista creata dall’External Action dell’Unione Europea (EUAS) con aggiornamenti settimanali riguardanti "le notizie false e i siti che le riportano" (ovviamente tutti di provenienza russa o non allienati). Nella “lista di proscrizione” ci sono finiti anche gli amici di Gefira, a causa del loro articolo riguardante “L’analisi sulle attività delle ONG nel Mediterraneo”.
Terminiamo questo articolo sulla censura con un interessante articolo pubblicato proprio ieri da Gefira intitolato “Facebook helps the African exodus to Europe” che vi consigliamo di leggere interamente: “In Europa, i social media come Facebook e Twitter stanno rimuovendo post e bloccando gli autori che si oppongono alla migrazione di massa dal terzo mondo per incitamento all'odio. L'atteggiamento critico nei confronti delle centinaia di migliaia di africani provenienti dalla Nigeria, dal Marocco o dal Ghana che inondano l'Italia, la Svezia o la Germania è considerato da loro un comportamento estremista. Allo stesso tempo, Facebook e Twitter sono diventati strumentali nel più grande esodo umano della storia moderna. I social media non si sono limitati a una funzione di comunicazione e di marketing per lungo tempo. Piattaforme come Facebook e Twitter hanno contribuito alla creazione della situazione politica, come gli eventi legati alla Primavera araba o all'Euromaidan di Kiev. I social network sono anche diventati canali che aiutano a organizzare il trasferimento di africani in Europa”.
Fonti:
(Bombshell: twitter, google admit deliberately censoring infowars) ↩︎
(Populist Leader Says German Censorship Law Is ‘Direct Attack on Freedom of Speech’) ↩︎
(http://www.ilpost.it/2018/01/04/macron-piano-fake-news-internet/) ↩︎
(http://www.repubblica.it/tecnologia/social-network/2016/12/15/news/boldrini_lancero_un_appello_ai_cittadini_per_per_smascherare_le_bufale_web_-154161688/) ↩︎